di Alex Vigliani, pubblicato su Itinarrando in data 30 dicembre 2020
Ci si incontra. Non ci si è mai visti e ci si saluta. Si sorride. Si scambia qualche battuta. Un angolo di socialità difficilmente recuperabile nelle città che, invece, sopravvive come rito tra i sentieri di montagna.
Almeno tra chi la montagna la vive, perché è così praticato, così usuale quel saluto, che lo sai quasi subito: se l’altro non saluta, se l’altro resta a guardarti un po’ stralunato per un “ciao”, allora è di certo un novizio. Ma imparerà presto: il saluto in montagna è un contagio che sa di buono e cose semplici.

Quel saluto è una porta che si apre su un mondo diverso, meno frenetico, dove la semplicità delle cose e quindi godere della bellezza di un fiore o dell’aria pura, è un atto d’amore verso sè stessi. E quindi? E quindi quel saluto è un atto d’amore, una forma di libertà, espressione di convivialità genuina che non si ritrova in città. Certo, poi chi cammina insieme, chi si saluta, ritrovandosi altrove continuerà a portare avanti quel rapporto conviviale.
E allora la montagna diventa unione. La montagna unisce. Ci si incontra sui sentieri e non sono pochi quelli che poi si sono ritrovati altrove. A partire dall’osteria poco più in basso, a brindare alla giornata appena trascorsa e raccontarsi aneddoti di montagna.
E poi, e poi ancora, quel saluto è un calcio alla diffidenza, alla differenza. Su un sentiero si è tutti uguali. Tutti con il proprio zaino sulle spalle, con le poche cose portate da casa e i panorami da condividere, paesaggi da vivere e colori dai quali trarre vivacità.
Insomma, ci si saluta perché è un rito che viene tramandato attraverso il saluto stesso.
Impari che si fa e lo fai.
Saluti, ti soffermi su un viso che rivedrai a valle o forse mai più, ma quel saluto, quel buongiorno, quel salve, quel ciao cui segue un “come va”, è una palestra di umanità, un modo per sfuggire implicitamente all’alienazione propria delle città, il contagio diffuso che ci piace, quello di chi pratica gentilezza.
Perchè ci si saluta..Alegra Gruss Gott Greuzi..sono saluti,ma vedo qui un Crovella…penso arriverà un Benassi… e un Ahimè Pasini..allora in montagna ci si saluta… lontani dal solito circolo…d’altronde i grissini non sono solo i torinesi.
Perfino un torinese come me, diffidente, chiuso e “severo”, sui sentieri saluta sempre. Spesso prendendo l’iniziativa, non solo come risposta al saluto altrui. E’ cosa che mi piace molto, ma purtroppo ho verificato negli ultimi tempi che è abitudine che si sta un po’ perdendo. Peccato.